Storia della Canapa

Una breve storia della canapa, da quando è stata scoperta ai giorni nostri.

Breve storia della Canapa

La pianta di canapa è conosciuta anche con il nome di cannabis, marijuana e ganja (dal Sanscrito: gañjā) e la sua straordinarietà è rappresentata dal fatto che è lʼunica pianta al mondo che può essere utilizzata al contempo sia per le sue proprietà psicoattive e sia come fibra da impiegare nella produzione di innumerevoli manufatti.

Il più antico reperto ritrovato è un pezzo di stoffa di canapa risalente all' 8.000 a.C. e non stupisce quindi che il suo utilizzo fosse ampiamente diffuso nell'antichità anche per altri scopi, come rilevato ad esempio, dall'analisi dei capelli effettuati su alcune mummie in Egitto.

Altre prove sono state trovate nellʼisola di Taiwan e in Asia Centrale, da dove probabilmente ha origine la sua diffusione (1) anche se si suppone che lʼuso della canapa indiana cominci in età neolitica nei territori situati a sud ovest del Mar Caspio e corrispondenti allʼattuale Afghanistan.

La conoscenza della canapa si sarebbe da qui diffusa verso la Cina, dove la sua utilizzazione eʼ documentata nel Rhyya, un testo cinese di botanica del XV secolo A.C.
La canapa è sempre stata utilizzata per scopi medici, spirituali, religiosi o ricreativi (tramite inalazione o vaporizzazione) da almeno 5.000 anni (2). Sappiamo per certo che gli Ariani usavano inalare fumo di canapa (3) e che probabilmente furono loro ad insegnarne le proprietà sia ai popoli indiani che agli antichi Assiri.

Un trattato di farmacologia cinese attribuito allʼImperatore Shen Nung, datato 2737 a.C., contiene il primo riferimento riconosciuto allʼutilizzo della canapa, veniva descritta come sedativo e panacea.
Erodoto nel 5 a.C. scrive che gli Sciti (popolazione seminomade di origine iranica) coltivavano e poi vaporizzavano la canapa e in un altra occasione scrive che gli abitanti di alcune isole mediterranee gettavano i fiori e le foglie di canapa nel fuoco e poi,
“seduti intorno in circolo, inalano il fumo e vengono intossicati dallʼodore, proprio come i Greci col vino, e più erba se ne butta più diventano intossicati, fino a che si alzano e ballano e cantano”.

Altre testimonianze ci provengono da Plinio e da Marco Polo, mentre Abu Mansur Muwaffaq e The Arabian Nights dimostrano senza ombra di dubbio che la canapa era coltivata sia per la sua fibra e sia per le sue proprietà psicoattive in tutta lʼAsia, il Medio Oriente e gran parte dellʼarea del Mediterraneo sin dalla notte dei tempi.


La data in cui la canapa è stata introdotta in Europa centrale, settentrionale e occidentale è sconosciuta, ma probabilmente risale ad almeno 500 anni prima di Cristo, in quanto a Berlino è stata ritrovata unʼurna contenente foglie e semi di canapa risalenti a 2.500 anni or sono.

La sua coltivazione in Europa è stata massiccia per secoli, vestiti di canapa sono stati comunissimi in Europa centrale e meridionale fino al 1.800 d.C., ma gli europei conoscevano, ovviamente, anche le potenzialità ricreative della pianta. Francois Rabelais ne scrive ampiamente nel sedicesimo secolo, come altrettanto venne fatto da Baudelaire nel diciannovesimo.

Lʼuso della canapa arrivò anche in Africa secoli prima della colonizzazione europea.
In Africa la canapa era coltivata, utilizzata come fibra e come medicinale, inalata 
e a volte venerata in aree diversissime del vasto continente: dal Sud Africa, al Congo, al Marocco.

Nel diciottesimo secolo, la canapa era diffusissima in Nord America e la sua coltivazione molto apprezzata, basti pensare che la maggioranza dei terreni del fondatore degli Stati Uniti dʼAmerica, George Washington, erano coltivati a canapa ed anche Thomas Jefferson aveva una grande e remunerativa coltivazione di canapa.

Nel 1850 negli Stati Uniti cʼerano 8.327 piantagioni di canapa ed ogni piantagione aveva una estensione di almeno 2000 acri di terreno, lʼutilizzo primario era finalizzato soprattutto per la produzione di fibra.
Anche l
ʼItalia è stata per secoli unʼimportante produttrice di canapa, il clima italiano è particolarmente favorevole alla coltivazione di questa pianta, in particolare, i contadini italiani producevano canapa per due ragioni, da una parte, perché cresceva su terreni difficili da coltivare (terreni sabbiosi e zone paludose nelle pianure dei fiumi), dallʼaltra, perché cʼera sempre bisogno di piante “oleose” (combustibili, luce), “fibrose” (tessili, carta, corde) e di mangime (semi e foglie) per il bestiame produttivo.

Eccelsero tra le terre da canapa Bologna e Ferrara e testimonia la vitalità dellʼeconomia della canapa felsinea il maggiore agronomo bolognese del Seicento, Vincenzo Tanara, con una lunga, accurata descrizione della tecnica colturale.

Grazie alla qualità delle sue canape, lʼItalia, secondo produttore mondiale, divenne il primo fornitore della marina britannica.
Il tramonto iniziò con la diffusione delle navi a carbone, quando per le zone produttrici di canapa iniziò una lenta agonia, che si protrasse lungo un intero secolo costringendo alla ristrutturazione di tutte le rotazioni agrarie (4).

Durante la seconda guerra mondiale però la produzione centroeuropea e mediterranea tornò ad aumentare velocemente, da un lato perché le fibre tessili e gli oli sativi divennero indispensabili per l'attività bellica e quindi più remunerativi di altre colture e dall'altro per lʼesigenza di materie prime contenenti molta cellulosa da cui poter ricavare esplosivi, ottenuti appunto producendo nitrocellulosa.


Ma a parte questo picco di produzione limitato agli anni di guerra, la canapa subì il decisivo colpo con l'avvento dei primi poli dell'industria chimica e della conseguente apparizione sul mercato del nylon e la “Marijuana Tax Act” del 1937, diede il colpo di grazia alla coltivazione della canapa, mettendola al bando negli USA.

Si accusò pseudo scientificamente la canapa di far diventare le persone violente e di farle impazzire o morire e di riflesso, in gran parte del resto del mondo negli anni seguenti venne bandita.

Una particolare dedizione alla lotta contro la canapa fu esercitata dal direttore del Federal Bureau of Narcotics americano, Harry J. Anslinger, uomo ambizioso, razzista e bigotto, che giustificò la proibizione con le seguenti parole:

  • "Negli Stati Uniti d'America ci sono centomila fumatori di marijuana.”

  • “La maggior parte di loro sono negri, ispanici, filippini e artisti.”

  • “La loro musica satanica, il jazz, lo swing, sono il risultato dellʼuso di

    marijuana.”

  • “La marijuana provoca nelle donne bianche il desiderio di intrattenere rapporti

    sessuali con negri, artisti e altri ... la prima ragione per mettere la marijuana fuori legge è il suo effetto sulle razze degenerate.”

  • “La marijuana è una droga che provoca assuefazione e produce negli

    utilizzatori insanità, criminalità e morte.”

  • “La marijuana porta al lavaggio del cervello pacifista e comunista.”

  • “Gli spinelli inducono i negri a pensare che sono come gli uomini bianchi.”

  • “Fuma uno spinello e probabilmente ucciderai tuo fratello.”

  • “La marijuana è la droga che piuʼ ha causato violenza nella storia dellʼuomo.” La stessa foga forcaiola nei confronti della canapa fu esercitata anche dalla famosa casa editoriale e cartaria Hearst, la maggior sostenitrice tramite i suoi quotidiani della campagna anticanapa, che guarda caso aveva appena effettuato enormi investimenti sulla carta prodotta dalla deforestazione.
    Il suo proprietario William Randolph Hearst, magnate della carta stampa e personaggio che ispirò Orson Welles nella figura del Citizen Kane nel film
    “Quarto potere“, dichiarò sul Newspaper Tycoon che:

“la marijuana è la strada piu breve per il manicomio, fuma la marijuana per un

mese e il tuo cervello non sarà niente più che un deposito di orridi spettri,

lʼhashish crea un assassino che uccide per il piacere di uccidere.”

I giornali di Hearst portarono avanti per anni unʼenorme campagna di disinformazione contro la canapa, attribuendole falsamente una miriade di “mali sociali”, dagli assassini, al comunismo, al pacifismo, allʼinfedeltà coniugale, ai rapporti sessuali tra “donne bianche e razze inferiori”.

Spesso si leggevano sui giornali di Hearst titoli del genere:

“I tre quarti dei reati in questo paese sono causati dalla marijuana”.
Nello stesso periodo e vogliamo presupporre per "assoluta coincidenza", la DuPont brevettò il “nylon”.

Ma secondo alcuni studiosi tutte queste non furono semplici coincidenze.

In virtù di quellʼillogica campagna diffamatoria dal 1937 a oggi, milioni di persone in tutto il mondo occidentale sono state arrestate e incarcerate per detenzione o utilizzo della canapa.
Le Nazioni Unite stimano che oggi circa il 4% della popolazione mondiale adulta (circa 160 milioni di persone) usano la canapa almeno una volta l
ʼanno, e lo 0,6%

(22 milioni circa) la utilizzano giornalmente (5).
Ciò dimostra che ancora oggi la canapa, nonostante decenni di proibizionismo, nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo rimane un diversivo psicologico immensamente popolare, seconda solo all
ʼalcol, alla caffeina e al tabacco.


Fonte: italywordpress.com
(1) Stafford Peter (1992). Psychedelics Encyclopedia.. Berkeley, California, United States: Ronin Publishing, Inc. ISBN 0914171518
(2) Rudgley Richard (1998). Lost Civilisations of the Stone Age.. New York: Free Press:

ISBN 0-6848-5580-1
(3) Franck Mel, 1997, Marijuana Grower
ʼs Guide. Red Eye Press. ISBN 0-9293-4903-2 ) (4) Antonio Saltini, Nellʼarea dellʼantica canapicoltura emiliana tra Ottocento e Novecento:

cedimenti, speranze, il tracollo, in Aa. Vv. Una fibra versatile. La canapa in Italia

Club, Bologna 2005, pagg. 235-252).
(5) United Nations Office on Drugs and Crime (2006), “Cannabis: Why We Should Care 

Tags: storia , canapa , cannabis

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